ELOGIO A MARADONA
di Giancarlo Tramutoli
Tutti lo sfottono per il suo abito da prima comunione, perché bacia e abbraccia prima, durante e dopo la partita i suoi giocatori, perché non sa che cosa significa la parola “aplomb”, perché è sempre sopra le righe (comprese quelle della coca), perché ingrassa di 50 chili e poi però sa anche perderli, perché non è così fighetto e in carriera come Platini o così saccente esotuttoio e iochesonoilnumerouno come Pelè, che lo era il n.1, quando si giocava al rallentatore in spazi larghi.
Ecco, io lo amo per gli stessi motivi, anche per i vistosi orecchini, per il suo kitsch inesorabile, per il suo pathos da sceneggiata napulitana, perché non c’entra niente col resto del calcio patinato, diplomatico, operaio, anonimo e politicamente corretto che è di una infinita noia. Ecco perché faccio il tifo per lui e per la sua Argentina. Perché il padre di Milito si lamenta che Maradona non dà indicazioni tecniche e tattiche al figlio, che gli dice (come agli altri, Messi in primis) solo gioca bene e fai goal, proprio le stesse parole che lui avrebbe sempre voluto sentirsi dire. Altro che le tabelline, gli schemini, le grandi strategie dei grandi allenatori gelidi, ragionieristici, emotivamente plastificati che hanno la presunzione di dirti cosa, come e quando fare quello che tu sai già come e quando lo devi fare. Se ti chiami Messi, Milito o Maradona.
Omaggio a Saramago