Questo libro
di Saverio Lodato
Questo non vuole essere un libro sulla mafia. Non è un
libro sulle stragi. Non è un libro sulla corruzione. Semmai è
la spietata radiografia che mostra la faccia scura e nascosta,
la storia inconfessabile, di un Giano bifronte: lo Stato italiano.
Si sarebbe fatto ancora una volta il gioco del Principe
rinunciando finalmente a una visione panoramica, pur nei
limiti di un singolo libro, di mafia, stragi e corruzione,
messe finalmente tutte insieme. È proprio in questo intreccio
la chiave di volta per capire ciò che altrimenti resterebbe
incomprensibile, indecifrabile, inspiegabile. C’è un solo
filo da scoprire, se si vuole dipanare l’intera matassa.
Rivedo a ritroso i miei ultimi trent’anni, trascorsi a raccontare
per «l’Unità» quello che accadeva in Sicilia. Quante
volte, dietro i grandi fatti di cronaca che succedevano, ho
avvertito la presenza oscura di una mano forte che tirava le
redini. Quante volte ho avuto la sensazione che la parolina
«mafia», tanto usata e abusata, non potesse essere, da sola,
la combinazione esatta per scardinare il forziere dei segreti
e dei misteri. Quante volte le campagne dei veleni che infestavano
Palermo e la Sicilia mi davano la sensazione di
rimandare ad altro, alludere ad altro, sottintendere altre
spaventose verità.
E se fosse stato vero che il «mostro criminale» era crescarpinato3.
sciuto da solo, all’insaputa del Potere, come spiegare che la
lotta alla mafia, anche nell’ultimo trentennio, è stata un’ininterrotta
via crucis di polemiche e alti tradimenti, clamorose
omissioni e perniciosi ritardi, grandi cavalcate in
territorio nemico e brusche frenate, improvvise ritirate,
mentre la mafia, di contro, si caratterizzava, e si caratterizza
ancora, per la sua longevità quasi unica nell’intero
mondo dei poteri criminali?
Ma il giornalista, almeno in Italia, non è pagato per capire,
per ragionare sui misteri o sull’ignoto. Gli viene chiesto
di coprire la quotidianità. Di vedere solo ciò che appare. Di
assecondare la corrente. Di avere buon fiuto per indovinare
da che parte tira il vento. Ci sono voluti anni e anni perché
sui quotidiani nazionali, con pagine suddivise in base a criteri
apparentemente immacolati, le cronache sui potenti e
sui colletti bianchi finiti sotto processo o in manette fossero
trattate al pari della cronaca politica. Non si voleva vedere.
Si preferiva ignorare. Si esorcizzava il mostro della cui
esistenza, invece, tutti erano bene informati.
Il risultato è che all’opinione pubblica è stata scippata la
possibilità di capire, sottratto il diritto alla verità, negato
un fondamentale principio di democrazia. E si avvertiva
costantemente la presenza di un limite. Una sottile linea di
confine – non indicata dalle mappe ufficiali – che non
andava in alcun modo superata.
Noi non sappiamo se il libro che il lettore ora ha tra le
mani è riuscito a rispondere agli interrogativi che ci siamo
posti.
Sappiamo però che, nelle pagine che seguono, quella
sottile linea di confine è stata abbondantemente superata.