giovedì 12 giugno 2008

O MORTE BIANCA!!!....

O MORTE BIANCA, MORTE BIANCA. 

TU ERI TRASPARENTE COME L’ACQUA…..

 

di Fabio Norcini


“Le parole sono importanti” urlava Nanni Moretti. Il cui capolavoro inconsapevole, non a caso, si intitola Bianca. Come la morte di quei lavoratori, molti dei quali sotto i mille euro al mese, schiavi quotidiani di un lavoro che i Moretti e i suoi amici non hanno mai sperimentato. E allora vorrei sapere perché per queste vittime si usa una tale esperessione inconsulta. “Morti bianche” una volta era la definizione usata dalla chiesa per i neonati morti prima del battesimo. Perché usarla per precari, padri di famiglia, in tempi altrove si sarebbe detto sfruttati. Oggi disperati. Ce lo spiega il “linguista” (roba da bordello senza viagra) del Corriere della Sera, tal Giorgio De Rienzo. Il quale, spiegando che “la nostra lingua è bella perché capricciosa: ha regole contraddette da eccezioni. In più si trasforma come tutto ciò che è vivo” (ergo si esclude il suo cervello) risponde a certa Marisa (forse la protagonista di “Straziami ma di baci saziami” del mai abbastanza compianto Dino Risi), la quale chiede: “Perché vengono definite morti bianche quelle legate agli incidenti sul lavoro?”. Al quesito l’ineffabile e abile, come si definisce tecnicamente negli annunci gratuiti erotici, linguista risponde apoditticamente, adamantimente, anodinamente (scusate non ho più aggettivi, solo avverbi) così: «“Morte bianca” è quella dovuta a un incidente mortale sul lavoro, causata dal mancato rispetto delle norme di sicurezza. L’uso dell’aggettivo “bianco” allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’incidente». No, caro praticante del cunnilingus mediatico corserico. “Morte bianca” è l’invenzione di qualche mentecatto come te, a corto di idee e di costrutti mentali, poi pappagallescamente ripetuta da quegli storpiatori di comunicati stampa, correttori di bozze al contrario, falsificatori di notizie e di idee che sono appunto i giornalisti. 

Cosa significa “morte bianca” riferita ad un’ecatombe che fa molte più vittime del cancro al polmone, nonostante l’aiuto dei medici belva delle cliniche private? Perché non chiamarla “morte rossa”, ad esempio, visto che stermina quei residuati comunisti ancora appartenenti ad una classe operaia che non ha capito l’utilità di viaggiare in SUV? Oppure morte grigia, giacché, come a Mineo (non Corradino) si muore nel fango.

“È uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo”. Forse così, con un’ ultima citazione non voluta, retropensiero estremo, sono morti i sei uomini, padri di famiglia, onesti lavoratori, abbracciandosi per l’ultimo viaggio. In un paese allo sfascio che tende al fascio: “io lascio”, avranno detto. 

Tanto ai rifiuti non smaltiti ci sono commissari, con emolumenti straordinari, vertici di consigli dei ministri, ignari dei disastri. Con un turco Napolitano che non trova di meglio da dire: “Ora basta”. Ma ci facci il piacere, ci facci… E visto che è il garante della costituzione, faccia affiggere in tutti i posti di lavoro le insegne che campeggiano sui molto più innocui pacchetti di sigarette: “Il lavoro uccide”. “Il lavoro danneggia gravemente la tua salute e quella di chi ti circonda”. “Chiedi aiuto al tuo medico o al tuo farmacista per smettere di lavorare”. “Il lavoro provoca assuefazione. Non cominciare”.