La cosa più sconvolgente che emerge dalla polemica suscitata dalla dedicazione della Fiera del Libro di Torino al 60° della fondazione dello stato di Israele è la difficoltà con cui, chi lo vuol fare, affronta qualsiasi argomento che abbia in qualche modo a che vedere con quel Paese. Prendersela con lo Stato di Israele non ha senso: è storia. Che ci piaccia o non ci piaccia. Così come sono storia tutte le prevaricazioni consumate dalle varie Conquiste che hanno segnato la storia dell'umanità, dalle conquiste romane, alle invasioni barbariche, dalle crociate alla conquista spagnola dell' America centrale che ha cancellato nel sangue antichissime civiltà, a quella del West che ha privato in nome del progresso le popolazioni pellerosse dei loro territori, alle conquiste coloniali che hanno cancellato l' anima dell' Africa, alla brutale ( e fortunatamente fallita ) conquista dell' Europa da parte di Hitler ( se fosse riuscita oggi sarebbe storia ), alla sottomissione dei popoli europei da parte di Stalin ed infine dalla conquista protocollata dalle potenze mondiali dei territori palestinesi da parte del popolo di Israele. L' antisemitismo non c'entra. C'entra il fatto che il popolo palestinese è stato privato della possibilità di calpestare liberamente il suolo della terra su cui aveva vissuto pacificamente per più di duemila anni e poco importa che non avesse la dignità di Stato per come lo si intende da noi...L' antisemitismo non c'entra. C' entra che oggi non deve più essere accettato il principio che una prepotenza, una prevaricazione, pur motivata nel modo più convincente, possa essere accettata come un buon argomento per costruire una Storia. Lo Stato di Israele oggi esiste. E' uno stato democratico. Sia il benvenuto, ma deve diventare patrimonio dell' umanità il convincimento del rifiuto, profondo, dell' idea che uno stato possa formarsi sulla alienazione dei diritti di un popolo più debole!