Come potevo sapere che il numero 1816 della P2 era in realtà Berlusconi? Non avevo ancora conosciuto Marco Travaglio e i suoi libri da 10 tonnellate. Credevo che i presidenti del Consiglio crescessero sotto i cavoli. Ero giovane e inesperto. Mi sono fidato. E ho mangiato, lo ricordo con esattezza, come se fosse ora: bomba di maccheroni, montone con le olive, nasello alla palermitana, babbalucci a picchipacchi, fichi d'india ai lamponi, una cassata e cannoli alla siciliana. Il conto lo pagò con un pizzino un signore gentile e taciturno che mi dissero in seguito essere Provenzano detto "U tratturi". Una personalità che trattava con le massime istituzioni di allora (e forse anche di adesso) e girava con la scorta. Alla cena eravamo in sei, di una persona si può vedere solo una spalla, ma quella giacca azzurra sulla destra parla da sola: era Vittorio Feltri. Ma lui non c'entra, l'ho invitato io, e anzi lo ringrazio per aver taciuto in tutti questi anni. La signora vicino alla patta di Berlusconi ha una impressionante somiglianza con la D'Addario, ma non posso dire chi fosse, sono un gentiluomo. So che Berlusconi era contento di averla sotto il tavolo. Finita la cena, il cui colloquio è riservato, ma posso rivelare che accettai tutte le avances e diedi a Berlusconi il conto corrente svizzero intestato a mio fratello, Provenzano fece una proposta che non si poteva rifiutare e credo infatti che tutti l'abbiano accettata con entusiasmo. Quando uscimmo salutai l'autista di Berlusconi, un tal Renato Schifani, che era rimasto sul marciapiede al freddo ad aspettare. Ecco, ora vi ho detto tutto. Anch'io tengo famiglia.
GUAI
Zacc- mi è piaciuto Di Pietro quando ha detto “Il morso della fame e dell'incertezza sta inducendo milioni di italiani a considerare mal risposta la fiducia nei suoi confronti».
Bélina- guai a quel popolo che è costretto a ragionare con lo stomaco