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“ Caro capitano Marconi, si ricorda di me? Ero con lei a Firenze nel ‘66 quando ci fu l’ alluvione. Angeli del fango, ci chiamarono, ricorda? Sono Biscarozzi Primo, caporale Biscarozzi Primo, del terzo plotone. Immagino che a quest’ ora lei sarà diventato generale e magari sarà in pensione, comunque, come me del resto, sarà un arzillo vecchietto sui settanta, settantacinque anni. Io me la cavo abbastanza bene: qualche acciacco ma mi sento in forza come allora. Ed è proprio di questo che volevo parlarle: laggiù, a Firenze abbiamo vissuto per una trentina di giorni nel fango del fiume, frammisto a fogna e petrolio, quello fuoruscito dai serbatoi dei condomini. Topi e scarafaggi dappertutto, ricorda? Niente di meno di quanto troveremmo se andassimo, oggi, a Napoli a differenziare i rifiuti: puzza, liquami, sporcizia, topi e scarafaggi. Se riuscissimo a mettere insieme qualcuno dei vecchi commilitoni di allora, potremmo di nuovo renderci utili: sacchetto per sacchetto, ecoballa per ecoballa l’ organico di qua, la carta di là, il vetro da una parte, il legno da un’ altra, la plastica a destra, la gomma a sinistra, il ferro in mezzo, tanti mucchietti che sarebbe assai più facile smaltire. Cosa ne dice? Gli "Angeli dei rifiuti" potrebbero chiamarci e daremmo ancora un senso alle nostre vite. E poi, seguendo il nostro esempio, magari si muoverebbero anche i napoletani. Resto in attesa di una sua risposta e nel frattempo le mando i miei più deferenti saluti. Biscarozzi Primo.”
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“ Caro Biscarozzi, certo che mi ricordo di te, con quel bel faccione quadrato e quella massa di capelli neri che non volevi mai tagliare! Quanti giorni di CPR ti ho dovuto dare per quei benedetti capelli! E figurati se ho dimenticato Firenze! Siete stati tutti meravigliosi! Ti ricordi di quando abbiamo tirato fuori dal fango quel manoscritto tutto istoriato di miniature bellissime, ancora quasi intatto? Che giorni meravigliosi e terribili! Non credo che il dramma di Napoli abbia lo stesso carico di emotività di quello dell’alluvione di Firenze, ma sono d’ accordo con te che, se ci trasformassimo questa volta in Angeli dei rifiuti, potremmo davvero rendere un bel servizio non solo alla Campania, ma al Paese intero. Non so. Ci devo pensare un attimo, anche perché adesso abbiamo un’ età diversa rispetto a quella di allora. Certo il tempo oggi che siamo in pensione, non ci manca davvero! Ti farò sapere al più presto. Colonnello in pensione Giacinto Marconi.
...
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Qualche giorno dopo...
“ Caro Biscarozzi, più passano i giorni e più la tua idea mi sembra straordinaria: ho ripescato da una vecchia agenda gli indirizzi dei ragazzi del terzo plotone e ho scritto a tutti. Molte lettere sono tornate indietro, qualcuno ha risposto, in quattro si sono dichiarati disponibili: Cecchi di Firenze, Noventa di Padova, Coppo di Casale Monferrato e Gianfranco Borghi di Trapani. Te li ricordi? Anche allora erano i più matti di tutti. Propongo di incontrarci a Firenze al più presto. Per me qualsiasi data va bene. Giacinto Marconi.”
“ Caro signor capitano ( colonnello ) cosa ne dice se ci incontrassimo a Firenze sotto il colonnato della Biblioteca Nazionale il prossimo lunedì 30 giugno intorno alle 11? Mi faccia sapere. Suo affezionato Biscarozzi”
Lunedì, 30 giugno 2008, ore 11. Il primo ad arrivare è Antonio Noventa, da Padova, poi, alla spicciolata tutti gli altri. I sei amici fanno un po’ di fatica a riconoscersi ma in poche battute il clima ritorna quello di quarant’anni prima. Il capitano Marconi propone di darsi tutti del tu. Proposta accettata.
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Giulio Coppo è rimasto il mangione di sempre e propone di tornare in quella vecchia osteria di là d’ Arno vicino alla torre di San Niccolò, dove quarant’ anni fa si facevano delle gran mangiate di lampredotto. “ Chissà se c’è ancora?”
C’era. Si sedettero sulle panche di legno attorno al tavolo su cui il cameriere aveva disposto tovagliette di carta gialla da macellaio. Un bel fiaschetto di Chianti, di quelli impagliati come usava una volta, e cominciarono a buttare giù il loro progetto.
Il cameriere, un giovane somalo, rotondetto e tracagnotto ma dall’aria sveglia li ascoltava con molta attenzione.
“ Il problema laggiù è uno solo, camorra a parte: la differenziazione dei rifiuti. Fino a quando saranno raccolti in modo indiscriminato e ammassati tutti insieme in modo disomogeneo non si risolverà nulla, la gente continuerà a incazzarsi e i mucchi, esaurite le discariche individuate, riprenderanno più di prima”
“ Quindi?”
“ Quindi bisogna differenziare tutto quel che c’è in giro cominciando dalle strade e, dopo averlo differenziato lo si manda in discariche specializzate; per l’ umido, per il ferro, per il legno, per la plastica, per la gomma, per il vetro, per la carta e, a parte i rifiuti speciali: chimici, radioattivi, farmaceutici...”
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“ e questo bel lavoretto lo dovremmo fare noi?”
“ Noi, gli angeli dei rifiuti!”
“ Ma siamo solo in sei! e poi è un lavoro schifoso!”
“ Su questo siamo d’ accordo, ma non è molto più schifoso di quello che abbiamo fatto nel fango della Biblioteca Nazionale. Quanto al numero, bè...io direi che se riuscissimo a mettere insieme...che ne so? un cinquantamila volontari...!”
“ Ma sei pazzo? “
“ Sei il solito ottimista! Dove li trovi cinquantamila disposti a fare un lavoro del genere?”
“ Quanto ci scommetti che se ci mettiamo al lavoro nel giro di una settimana siamo, come minimo, in cinquantamila?”
“ Ma dai!”
“ Parlo sul serio! Se riusciamo a fare in modo che ne parlino i giornali...”
L’ unico che non interveniva nel dibattito era Noventa, il padovano, che finalmente sbottò:
“ Dunque, primo: che vadino tutti a fare in mona sti napolitani! Secondo: che se la puliscano loro la loro merda. Terzo: mi no ghe stago, Vi ho rivisto con piacere ma mi torno a cà. Pago il conto e ciau!”
E così fece. Pagò il conto e se ne andò, lasciando tutti amareggiati e silenziosi.
“ Qualcun altro è dello stesso parere?” chiese Biscarozzi dopo un lungo silenzio nel quale si sentì solo un imbarazzato masticar di ganasce.
“ Noventa è sempre stato così... Lo conosco bene. Se noi partiamo sono convinto che il primo a tornare sarà proprio lui”
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“ Allora che si fa? si comincia?”
Un’ altra lunga pausa dedicata al lampredotto, al buon fiascotto di Chianti e al pecorino di Pienza che nel frattempo aveva completato il menù.
“ Ho sentito quel che avete detto... Posso aggregarmi anch’io?”
Era stato il giovane somalo a proporsi:
“ Mi chiamo Mohammud Abibi Ahmud. Sono qui a Firenze per motivi di studio, e non ho potuto fare a meno di ascoltare il vostro progetto. Se ci andate, vengo con voi”.
I cinque rimasti si scambiarono una rapida occhiata:
“ Ci andiamo “ disse perentorio il colonnello Marconi.
“ Allora qua ci vuole un brindisi”
“ Agli angeli dei rifiuti!!!”
“ hip hip hip, hurrah!”
Dopo quindici giorni si ritrovarono a Napoli: ore 9,00 di una luminosa giornata di giugno. Piazza del Plebiscito. Erano in undici. qualcuno era riuscito a fare proseliti.
Si erano dotati di tute azzurre chiuse sul davanti da una robusta chiusura lampo, lunghi guanti di gomma, guanti di pelle, occhiali protettivi, mascherine, cappellino con grande visiera, sacchetti di iuta da 30 chilogrammi, lunghe pinze leggere, una sorta di mezzo marinaio appuntito per la raccolta dei materiali più repellenti, scarponcini leggeri a mezzo polpaccio, un imponente sacca di pronto soccorso individuale, una sacca per i viveri. Una borraccia termica. In Campania l’estate si fa sentire!
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Marconi aveva trovato alloggio per tutti dalla signora Anna, una affittacamere di via Santa Candida. Il tempo di cambiarsi e via!
“Noi torniamo stassera, verso le nove.”
“ Da dove si comincia?”
“ Avviamoci verso la periferia, tanto il peggio è là: appena si trovano i cumuli di immondizia cominciamo.”
Imboccarono una via a caso, sullo sfondo si intravvedeva, di quando in quando, il Vesuvio.
Non dovettero camminare per molto: giunti all’ altezza di Piazza del Mercato, percorsi sì e no un paio di chilometri, cominciarono a vedere i primi cassonetti stracolmi, circondati da cumuli di sacchetti contenenti, in modo indifferenziato, ogni mal d’ iddio. Calzati guanti, mascherine e occhiali si disposero l’ uno a fianco dell’ altro, quasi a contatto di gomito e, a un segnale di Marconi, iniziarono la raccolta. Apertura dei sacchetti, differenziazione dei rifiuti negli appositi sacchi di juta contrassegnati da diversi colori. Il rifiuto particolarmente ripugnante e quello chimico erano raccolti con le pinze, il resto direttamente a mano. I sacchetti venivano lasciati sui marciapiedi in sette file ordinate via via che erano riempiti. La gente li guardava con malcelato interesse: da mesi erano abituati a vedere divise di ogni genere aggirarsi tra i rifiuti con espressione intelligente ed efficiente ma poi non succedeva mai nulla di concreto. Dopo un’ oretta però alle spalle del gruppetto si erano formate sette consistenti file di sacchetti dall’ evidente contrassegno colorato che dava una bella parvenza di ordine e, alle spalle dei volonterosi angeli dei rifiuti, il pattume era completamente sparito.
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La prima a rompere il ghiaccio fu una vecchietta:
“ Ma, cosa state facendo?”
“ Raccogliamo i rifiuti e li dividiamo per tipo di rifiuto, signora”
“ E perché?”
“ Perché così i rifiuti possono andare a discariche specializzate ed essere riciclati con più facilità”
La vecchietta se ne stette un po’ soprapensiero poi si allontanò mormorando: “ Ne voglio proprio parlare con Totuonno...”
Un paio d’ ore dopo si presentò al gruppetto, che intanto aveva differenziato un centinaio di sacchetti di rifiuti , un giovanottone dall’ aria robusta in maglietta bianca molto attillata che ne metteva in risalto la muscolatura possente:
“ Che state facendo?” chiese con un tono tra il tracotante e il curioso.
“ Stiamo raccogliendo i rifiuti e li differenziamo per tipologia di rifiuto” ripeté Biscarozzi con pazienza.
“ E perché?”
“ Perché così è più facile individuare a quale discarica indirizzarli per poi riciclarli”
“ E perché lo fate voi? Chi siete? Chi vi ci ha mandati?”
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Intervenne Marconi:
“ Non ci ha mandati nessuno. Vede, nel 1966, lei non era ancora nato, c’è stata a Firenze una terribile alluvione. L’ Arno è uscito dagli argini proprio in città e ha travolto tutto quel che ha trovato, uomini, cose, opere d’ arte..In quell’ occasione fu inviato l’ esercito, ma non a fare il poliziotto come ora, ma a dare una mano, nel fango, a raccogliere cose preziose, a dare da mangiare alla gente, a salvare opere d’ arte. Noi facevamo parte del 78 reggimento di Fanteria e ci buttammo anima e corpo nell’ impresa salvando vite umane e opere d’ arte. Gli “ Angeli del fango” ci chiamarono e oggi anche se siamo diventati un po’ vecchietti abbiamo voluto trasformarci negli “ Angeli dei rifiuti” e dare una mano anche indicando una via che dovrebbe interessare soprattutto voi napoletani: differenziare la raccolta, mandare i rifiuti in discariche specializzate e riciclare il più possibile...”
“ Ma è un lavoro da bestie...un vero schifo! Chi ve la fa fare?”
“ E chi ce lo fa fare di starcene tutto il giorno a sentire voi che protestate e i politici che girano intorno al problema senza cavare un ragno dal buco”
“ Ma che ci pensasse Berlusconi, no?”
“ I politici non ci arrivano, non capiscono che, se non vi danno un incentivo serio, voi napoletani continuerete a protestare e l’ esercito serve solo a far incazzare di più la gente...”
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“ E fa incazzare sì - intervenne un signore di mezza età che aveva portato il cane a cacare tra i rifiuti - se ne stanno tutto il giorno lì, su e giù con sto mitra al braccio...Ma dessero una mano, almeno!”
Si era formato un capannello di una decina di persone. Gli Angeli avevano ripreso il loro lavoro sotto gli occhi un po' meno scettici degli astanti.
“ Eh, no cazzo! se lo fanno loro, se lo fa addirittura il marocchino, lo posso fare anch’io, Datemi qualche sacchetto che lo riempio...” sbottò all’ improvviso un omone sui cinquanta con l’ abbronzatura tipica di chi trascorre molte ore a lavorare nei cantieri.
Abibi abbozzò un sorriso:
“ Meglio che si metta una tuta - gli suggerì - mascherina e guanti, glieli diamo noi. E’ un lavoraccio schifoso sa?”
Quello stette un attimo a pensarci su ( non gli andava l' idea che un extracomunitario potesse dargli dei consigli - sensati per giunta ):
“ Uhm...forse hai ragione. Vado e torno” e si allontanò velocemente.
Il giovanottone, Totuonno, intanto era scomparso e molti degli astanti si erano persi nelle loro faccende.
Dopo un’ oretta però Totuonno era di nuovo lì, con una decina di altri ragazzi più o meno della sua stessa età. Tutti in tuta, tutti con mscherina, guanti e sacchetti di plastica.
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“ No, no, i sacchetti ve li diamo noi: se non si rischia di fare confusione.”
Alla fine della giornata mentre il sole stava tramontando al di là delle isole, era stato bonificato un tratto di trecento metri di strada: al posto dei sacchetti ammucchiati e maleodoranti facevano bella mostra di sè, sette file di sacchetti di juta, contraddistinti dai sette colori dell’ arcobaleno.
I volontari sedettero affranti dalla stanchezza nel bar d’ angolo tra Corso Garibaldi e via Cosenz a gustarsi una bella birra fresca.
Totuonno, disoccupato, aveva tempo da vendere:
“ Domani ve ne portiamo un’ altra ventina”
“ E pure noi - aggiunse l’ omone che era tornato col fratello in tuta e guantoni.
“ Noi cominceremo sul presto, appena fa chiaro per sfruttare le ore più fresche.”
“ E pure noi”.
L’ affittacamere di via Santa Candida che era offerta anche di fare da mangiare la sera, per una cifra più che accettabile: gnocchi alla sorrentina, quella sera, polpette con il puré di patate, e, come prima sera, una bella fetta di pastiera che la signora Anna - l’ affittacamere si chiamava così - aveva già in casa dal giorno prima. Niente male. Un buon caffè e si addormentarono tutti in salotto davanti alla televisione.
Sveglia alle quattro e trenta, una bella doccia quasi fredda, caffellatte con pane e marmellata - la signora Anna voleva fare bella figura - e via al lavoro.
Si presentarono tutti all’ ora fissata. In tutto saranno stati una cinquantina.
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“ Bisognerà che ci procuriamo altri sacchetti “
“ Ci penso io” propose con fare deciso Giulio Coppo. Telefonò a Davide, suo figlio che lavorava come magazziniere da un grossista di materiali edili.
“ Procurati il maggior numero di quei sacchetti di juta che mi hai già dato l’ altra volta, caricali in macchina e raggiungimi a Napoli entro stassera”. Davide era un po’ titubante:
“ Ma come faccio, babbo...c’è il lavoro... “
“ Non ti preoccupare, telefono io al signor Iozzelli”.
Il signor Iozzelli era il titolare del magazzino.
Giulio gli spiegò tutto. Iozzelli, che aveva un cuore d’oro, aiutò perfino Davide a caricare la macchina, e gli dette in più un consistente quantitativo di guanti da carpentiere , mascherine e occhiali.
“ Eh, se non fossi così vecchio verrei giù anch’io,- sospirò -ma tu trattieniti qualche giorno se è necessario, così dai una mano al babbo.”
Arrivò a Napoli che ormai il sole tramontava: le strade erano ingombre di pattume oltre ogni limite immaginabile. L’ appuntamento era stato fissato all' incrocio tra via Volta e via Amerigo Vespucci. All’ improvviso i cumuli di rifiuti erano scomparsi e sul bordo della strada, a ingombrare i marciapiedi Davide potè ammirare le interminabili file di sacchetti di juta ben allineate e pronte ad essere smaltite per categorie di rifiuti. Ma, giunto quasi in fondo a via Lucci dovette fermarsi. Una gran folla ingombrava le strade e, oltre, di vedevano lampeggiare le intermittenti blu della polizia.
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La troupe di una televisione stava discutendo animatamente con un sottotenente che non intendeva concederle di proseguire. I militari erano in perfetto assetto antisommossa e il tutto non lasciava presagire nulla di buono. Davide, mingherlino com’era, dopo aver parcheggiato in qualche modo il furgone, stava cercando di infilarsi nella ressa e raggiungere il punto dell’ appuntamento.
La scena che gli si parò davanti aveva del paradossale: un centinaio di persone in tuta - gli Angeli dei rifiuti - era letteralmente circondato da un numero imprecisato di militari armati di tutto punto. Marconi aveva di colpo ripreso la grinta del colonnello e discuteva in modo autoritario e autorevole con un capitano del Genio:
“ Nessuno vi ha autorizzato a fare questo lavoro - sosteneva quello - dovete sgombrare. Questioni di pubblica sicurezza “
“ Ma guardi laggiù, capitano - ribatteva Marconi - li vede tutti quei sacchetti allineati, lì sul marciapiede? e lo vede quel muro di spazzatura dall’ altra parte? La vede anche lei la differenza! Lo vede anche lei quel che stiamo facendo! Faccia caricare i sacchetti sui suoi camion ogni fila un camion e mi mandi qui qualcuno dello staff del sottosegretario Bertolaso o mi faccia parlare con Ganapini, l’ assessore all’ ambiente del comune, vedrà che troviamo una soluzione, ma ci lasci continuare nel nostro lavoro”
La gente, tutt’ intorno, rumoreggiava e premeva cercando di varcare il cordone di sicurezza:
“ Fateli lavorare “ gridava qualcuno.
“ Dateci tute e badili, che gli si dà una mano” - gridavano altri
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“ Mi spiace, ho ricevuto l’ ordine di farvi sgombrare, e d’altra parte non ci sono discariche specializzate per raccogliere rifiuti differenziati” insisteva il capitano.
“ E allora facitele! Non ce ne andremo se prima non ci fate parlare con qualche responsabile di questo casino” intervenne minacciosamente Totuonno, accolto da un grande applauso e da grida di incoraggiamento da parte di tutti gli astanti.”
D’ improvviso al clamore della folla si sovrappose quello di decine e decine di sirene e dalla Amerigo Vespucci si vide arrivare un gran corteo di auto blu preceduto da alcuni blindati che non ci mise molto a farsi largo tra la folla. Era Bertolaso in persona.
“ Insomma cosa sta succedendo qui? Non abbiamo già abbastanza guai?”
“ Mi chiamo Marconi. Colonnello in pensione Giacinto Marconi. Sono uno di quelli che, a suo tempo, all’ epoca dell’ alluvione di Firenze, erano stati chiamati gli “angeli del fango”. A quell’ epoca comandavo una compagnia di granatieri dei Lupi di Toscana e con noi lavoravano nel fango migliaia di persone venute da tutto il mondo , che nessuno aveva chiamato ma che avevano sentito il dovere di dare una mano in un momento così difficile. Lei a quell’epoca era forse troppo giovane per capire ma per noi si è trattato di un momento straordinario della nostra vita e allora a nessuno è saltato in mente di cacciarci. Reclamo il diritto di spiegarle cosa intendiamo fare.”
“ L’ ascolto”.
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Intorno si fece un gran silenzio.
“ Vede, questa gente ha ragione. A nessuno piace l’ idea di vedersi mettere sotto le finestre di casa masse di schifezze maleodoranti senza intravvedere un motivo concreto per cui questi stoccaggi vengono fatti. I rifiuti devono essere differenziati...”
“ Su questo non c’è dubbio ma ormai...”
“ No! ormai un corno. Se non si parte da lì, dalla differenziazione, qualsiasi stoccaggio diventa inutile! Differenziare con santa pazienza tutta questa massa indistinta e suddividerla in altrettante masse quante possono essere le tipologie di rifiuto: 1 - Umido Organico 2 - Ferro 3 - Plastica, 4 - Legno, 5 - Vetro, 6 - Gomma, 7 - Carta, 8 - Raccolta di scarti particolari. Questo è ciò che occorre fare.”
“ Va bene. Ma...Primo. Chi lo fa questo lavoro? Secondo: una volta che i rifiuti sono differenziati che si fa?... No, aspetti un momento. Lo dico io: si fanno discariche differenziate! E’ questo ciò che intendete?”.
“ Sì, dottor Bertolaso. E’ esattamente questo il nostro progetto: e da un a situazione così semplificata si può finalmente procedere ad azioni di riciclaggio, discarica per discarica, che daranno lavoro e benessere alle popolazioni interessate e allora vedrà che nessuno si ribellerà più all’ idea di avere una discarica sotto casa!”
“ Mi ci faccia pensare su, domattina le darò la risposta”
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“ Domattina alle cinque noi saremo qui, a continuare il lavoro. Se intanto ci manda sette camion potremmo cominciare a riempirli con i sacchetti che abbiamo differenziato finora.”
“ Non so se ce la farò...devo prima sentire il ministro”.
Dette ordine all’ esercito di rientrare con l’ impegno però di tenere d' occhio la situazione. Risalì sull’ auto blu e se ne andò con tutto il suo codazzo.
“ Adesso tutti a casa ragazzi. Ci si rivede domattina. Lentamente la gente cominciò a defluire e Davide potè finalmente incontrare il padre e consegnare i preziosi sacchetti di juta a Marconi.
Cena ( la signora Anna ci aveva preso gusto): cannelloni alla sorrentina (la signora Anna era di Sorrento), totani e patate, pesche e albicocche. Caffè e subito a letto.
La mattina successiva erano in almeno un migliaio ad attenderli, armati di tutto punto con tute e sacchetti, mascherine e occhiali.
Marconi, Biscarozzi e gli altri erano esterrefatti:
“ Ma non ce la facciamo a coordinare tutta sta gente!” Durante il giorno precedente avevano spiegato a parecchia gente il loro piano ma mai più si sarebbero immaginati una adesione così immediata, convinta e partecipata. Alla gente era piaciuto soprattutto il discorso di poter trarre posti di lavoro da quell’ apparentemente irresolvibile sfacelo e poi il gusto tutto napoletano di poter fare qualcosa contro il “Franceschiello” di turno aveva preso il soppravvento. La disoccupazione largamente diffusa nei quartieri più poveri della città, aveva messo a disposizione valide braccia e tempo all’ infinito e così si era arrivati in un paio di giorni a quello strabiliante risultato che superava le più rosee apettative di Biscarozzi.
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I telegiornali locali avevano dare un discreto spazio all’accaduto e anche questo aveva contato.
“ Dovremo cominciare a organizzarci. I sacchetti di juta che sono arrivati ieri saranno sufficienti per qualche ora: propongo di formare delle squadre di dieci persone ciascuna, poi ci contiamo e poi, direi, ci muoviamo in tutte le direzioni con l’ identica modalità. Differenziazione di organico, plastica, vetro, ferro, legno, carta, gomma e rifiuti chimici e, dio non voglia, nucleari. Ogni gruppo tiri dritto per la sua strada seguendo una direzione precisa. Salvo imprevisti ci troviamo qui stassera alle sette.”
Si formarono 85 pattuglie di dieci persone ciascuna e poi via, strada per strada lasciando dietro di sé, in un contesto ormai bonificato, lunghe file di sacchetti di juta disposti in belle file nel allineate. Cominciò a farsi vedere anche qualche giornalista della carta stampata. A nessuno dei partecipanti sfuggiva la presenza costante dell’ esercito, armato fino ai denti a sorvegliare il lavoro. Ci fu qualche tentativo di intimidazione da parte di piccoli capi-clan periferici, con qualche spintone e alcune minacce, ma niente di serio perché il numero dei volontari ( che sembrava aumentare di ora in ora ) incuteva nei prepotenti un discreto rispetto. Verso le cinque arrivò Bertolaso seguito dal solito codazzo di auto e lampeggianti blu. A concludere la colonna alcuni camion dell’esercito.
“ Il ministro è d’ accordo, ecco i camion. Caricate e si porta tutto a Chiaiano”
“ Come, come, come? Ma allora, scusi sa, ma lei non ha capito niente”
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I volontari stavano cominciando a far ressa intorno a Bertolaso e a Biscarozzi a cui Bertolaso si era rivolto col tono autoritario di chi ritiene di avere il potere necessario per farlo.
A quella affermazione Bertolaso si schiarì la gola con un imbarazzato
“ ehm...ehm...Come sarebbe a dire...?”
“ Sarebbe a dire che adesso ci vogliono sette discariche, una per ognuna delle tipologie di rifiuti selezionate, se no è tutto inutile”.
“ Per l’ ottava, aggiunse Giancarlo Borghi, quella dei rifiui tossici, chimici e altre schifezze del genere, se non si triva la soluzione qui da noi... c’è sempre la Germania!”
“ Mi faccia capire - Bertolaso era un uomo intelligente, sempre pronto ad accogliere qualunque idea che lo aiutasse a risolvere il problema”
“ Il discorso è semplice: invece di creare una sola discarica in cui infilare tutti i rifiuti, noi proponiamo di fare sette discariche, una per ognuno dei rifiuti selezionati. In questo modo diventa molto più semplice il loro riciclo. “
La gente intorno seguiva con attenzione.
“ Per esempio - continuò Biscarozzi - se mandiamo tutto il materiale ferroso, faccio per dire, a Chiaiano e lo affidiamo a una cooperativa di giovani che lo trasformano in trafilati, in lastre, in ferro battuto, in pentolame, in cancelli, in recinzioni e in tutto ciò che la loro fantasia imprenditoriale può inventare. Otteniamo tre risultati: liberiamo le strade da tutti i rifiuti ferrosi, creiamo posti di lavoro, diamo benessere con la vendita dei prodotti realizzati.”
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“ Secondo esempio - intervenne Marconi, che era sopraggiunto nel frattempo - a Andretta Vallata ci stocchiamo la plastica: stessa storia. Cooperativa di giovani che producono sottoprodotti in plastica riciclata, filati per l’ abbigliamento, magari anche una linea di abbigliamento firmata “Napoli”
Bertolaso si grattava il mento, perplesso. L’idea lo affascinava ma era molto, troppo, più innovativa rispetto a quel che aveva pensato con Berlusconi, Maroni, La Russa e Prestigiacomo. Però riconosceva che era migliore. Per lui, comunque, il problema continuava a rimanere quello di togliere via dalle strade tutto quel che poteva nel minor tempo possibile senza star lì tanto a pensare al futuro. In futuro qualche altro santo avrebbe provveduto, ma si rendeva conto che era una soluzione molto, come dire ? “ all’ italiana “.
La gente intorno stava discutendo a sua volta. I primi della fila, che avevano sentito tutto, lo raccontavano a quelli rimasti più indietro:
“ Noi di Terzigno potremmo prendere tutto il legno. Ci stanno tanti bravi falegnami a Terzigno, si potrebbe riciclare il legno per fare dei pannelli in truciolato, compensati, piccoli lavori di falegnameria...”
“ ...e il legno che rimane - mormorò Bertolaso quasi pensando al alta voce - potrebbe essere trasformato in metano per alimentare la rete elettrica o per i mezzi pubblici del comune...”
Dalla folla indistinta si levò potente una voce:
“ A Bertolà, ma che aspetti?”
“ ma... la cosa non è così semplice, c’è un problema di autorizzazioni, sapete...l’ impatto ambientale... i comuni... ne devo parlare col ministro e poi ci vorrà del tempo...”
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“ ma quale tempo? “ lo interruppe un’ altra voce dalla massa, “ se hanno potuto fare la finanziaria in nove ore, a prendere sta decisione gli bastano cinque minuti!”
Un carciofo, seguito da altri lanci di verdure di ogni genere lo costrinse a riparare velocemente in macchina.
“ Fermi fermi,- cominciò a gridare Marconi, mentre Coppo, Borghi e Biscarozzi facevano gran gesti con le braccia per proteggere il sottosegretario “ così rischiate di rovinare tutto!”
Il corteo di Bertolaso riprese velocemente la strada del ritorno, ma i camion, erano quattro, per l’ esattezza, rimasero.
“ Bè - disse Biscarozzi - cominciamo a caricare questi: ferro, plastica, legno e vetro. Poi si vedrà. “
Si era fatto buio e molti tornarono a casa. Altri non se ne andarono finché non ebbero caricato i quattro camion ed era un gran bel vedere, le strade ormai decongestionate dai rifiuti, rese quasi decorative dalle lunghe file dei sacchetti rimasti.
La mattina dopo li attendeva il finimondo. I telegiornali nazionali avevano cominciato a diffondere la notizia che a Napoli un gruppetto di sovvervivi, forse aizzati dalla camorra, stava raccogliendo i rifiuti per qualche losco ed oscuro motivo. Qualche organo di stampa più votato al gossip, arrivò a sostenere che si stava girando un film.
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Comunque che si stava muovendo qualcosa e così all’ appuntamento stavolta si era presentata una folla impressionante:
“ ...ma quanti sono?” si chiedeva Davide senza riuscire a nascondere la sua preoccupazione.
“ Bò? - gli rispose il babbo - a occhio e croce saranno sei, settemila.
“E ci sono pure io!”
Era Noventa che, visto il telegiornale della sera, era salito in macchina con un paio di amici, attrezzati di tutto punto, aveva viaggiato tutta la notte e aveva raggiunto gli " angeli" giusto in tempo per cominciare a lavorare.
“ Chiedo scusa, sono stato un vero fesso.”
“ Io lo sapevo che saresti tornato - lo tranquillizzò Marconi abbracciandolo - come vedi c’è lo stesso spirito del ‘66. La gente, se ha un obiettivo, risponde sempre prima col cuore e poi con le braccia.
Ma non era tutto: c’ era anche Bertolaso con molti camion, cassonetti di diversi colori, tute, mascherine, un centro mobile della Croce Rossa per ogni eventuale emergenza sanitaria, una cucina da campo e tutto quel che poteva servire per una grande azione coordinata.
Marconi e compagni non credevano ai loro occhi.
“ Stanotte, quando la gente è sfollata, siamo stati qui col Ministro Prestigiacomo e abbiamo steso un piano che ha recepito in pieno il vostro progetto. Abbiamo anche coinvolto il Primo ministro, che ci ha dato via libera. Possiamo cominciare!”
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“ Credo che la soluzione migliore sia quella di coordinare tutta questa gente in plotoni di cinquanta volontari ciascuno. Li dotiamo di cassonetti di diversi colori in cui riporre le differenti tipologie di rifiuti mentre i camion, contrassegnati ciascuno col proprio colore di riferimento faranno la spola per raccogliere i rifiuti differenziati”
“ Ma tutto sarà inutile se entro un paio di giorni non saranno state predisposte le discariche.”
“ e occorrerà attivare immediatamente le organizzazioni sindacali perché, col Ministero del welfare, si attivino a costituire con i giovani del posto le varie cooperative...
“ ... e individuare i capannoni in cui procedere ai vari tipi di riciclaggio...”
Il dialogo si stava infittendo. Le idee si accavallavano le une alle altre in un fervore realizzativo da tempo dimenticato.
Nel giro di un mese non era piu’ possibile trovare un solo pezzetto di carta abbandonato per strada. Alle discariche di Chiaiano per la raccolta e il riciclo del ferro, a quella di Andretta Vallata per la plastica, di Terzigno per il legno si erano aggiunte nel giro di pochi giorni quella di Sant’ Arcangelo Trimonte, Savignano Irpino, per la raccolta dell’ umido organico, Santa Maria Della Fossa per la carta, quella di Serre per il vetro, la Cava Mastroianni per la gomma. Una parte dell’ organico, che rappresentava la quantità più elevata di rifiuto, sarebbe stata smaltita anche dai termovalorizzatori di Napoli, di Acerra e di Salerno non appena fossero entrati in funzione a pieno ritmo.
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Si sarebbe prodotta una quantità di energia elettrica e di metano da autotrazione impressionante e tale da consentire alle cittadinanze uno straordinario ritorno economico. L’ Enel aveva creato una apposita struttuta che aveva chiamato Napolerg e tutte le stazioni di servizio si erano dotate di una pompa di Napolmetano che aveva incrementato la vendita di quel tipo di autovettura contribuendo così ad abbattere l’ inquinamento atmosferico. Tutti i prodotti riciclati uscirono col marchio Q/Na ( Qualità di Napoli ) a identificare un particolare tipo di prodotto, anche agroalimentare: pomodori, zucchine, frutta, verdure di ogni genere coltivate sui fertili terreni organici forniti dal riciclaggio dell’ umido.
La camorra non riuscì mai a entrare in quel business, perché quello era il business dei napoletani che lo seppero difendere a denti stretti e con coraggio dalle infiltrazioni della criminalità organizzata che fu così costretta a migrare là dove il tessuto sociale era più fragile, là dove mancava un progetto condiviso.
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E Marconi, Cecchi, Noventa, Coppo, Davide, Borghi e Abibi? Gli Angeli dei rifiuti se ne erano tornati alle loro case. Abibi, raggiunto il doploma di maestro d’ arte all’Istituto di porta Romana di Firenze, indirizzo arti grafiche, se ne era tornato in Somalia. Una volta all’anno tutti , compreso Totuonno, si ritrovano a casa Bertolaso, nel frattempo nominato Ministro per le emergenze, sulle colline di Roma dove, al fresco degli antichi alberi che sovrastano una vecchia osteria, festeggiano il loro successo con un profumato abbacchio, sapientemente accompagnato dal magnifico rosso dei colli cesanesi. E da lì, ogni volta, parte una cartolina di ringraziamento indirizzata al Professor Mohammud Abibi Ahmud, Merca, Somalia.