Negli ultimi sei anni ho avuto spesso l'occasione di incontrare il mio amico Italo Corai fuori della scuola elementare di via Cappuccini in attesa, entrambi, delle rispettive nipotine.
Ogni volta era un 'occasione per parlare di politica, per incazzarsi delle malefatte dei governanti e parlare di come si sarebbero dovute fare le cose.
Italo aveva una capacità impressionante di passare da un veemente discorso critico ad una risata aperta e coinvolgente, che in fondo sdrammatizzava il tutto.
Li ricordo come momenti importanti perché con lui era impossibile scadere nel banale.
Poi, un giorno, lo vedo attaccato ad un piccolo caterpillar con le orecchie penzolanti e il manto bianco e nero.
"Cosa fai con quel cane?", gli chiedo.
"Tasi", mi dice, "l'è de me nevoda e ghe lo tegno un po', ma el me desfa la casa! Ma far pòc ghe lo torne e cussì sto tranquilo."
Invece lui e il caterpillar erano sempre presenti ai nostri incontri in via Cappuccini e al crescere della bestia Italo era sempre più inclinato indietro a strattonare il guinzaglio inutilmente.
"Allora, e il cane?"
"Satu che ò deciso de tegnerlo mì parche el me fa tanta compagnia, anche sel continua a desfarme la casa".
Così capitava che mentre parlavamo di politica o discutevamo sulle ultime vignette che gli mandavo, uscivano i bambini e il caterpillar se lo trascinava via in uno sventolare di orecchie.
Ho deciso che continuerò a tenerlo nella mia mailing list e a spedirgli le vignette anche se so che non potrà più leggerle.
Forse le leggerà il cane.
Mi sembra di avergli detto una volta che mi ricordava una mia vecchia zia, zitella, che abitava nel nostro stesso cortile di casa, a Sacile;
quelle zie che ti brontolano dietro, ma poi ridono con te e ti capita, ritornando a casa da scuola, di guardati subito intorno per vedere dove diavolo è finita la zia.
Italo, dove diavolo sei finito?
CI VUOLE POCO
Zacc- io sono fuori mentre Verdini è al suo posto
Bélina- bravo Scajola se vai avanti va a finire che io mi convinca che la casa te l’hanno regalata
per cui ricorro una volta di più a Giorgio Gaber, in compenso doppia
vignetta con il bis...:)
Bendopoli. Una piccola città, pulita, ordinata, nel suo piccolo organizzata.
Sono nato qui 33 anni fa, coniugato, statura: 1 e 74, capelli: scuri, segni
particolari: benda variopinta.
Come va?
Benissimo, grazie. Sono stato anche dal medico che mi ha trovato
perfettamente a posto: nevrosi acuta, condizionamento totale, visione delle
cose zero… normale insomma.
Eppure da un po’ di tempo mi sembra che questa benda non funzioni tanto
bene. Strano è nuova nuova. Poi adesso le fanno così belline, colorate, di
vari tessuti, di varie forme. Oh Dio, niente a che vedere con le bende di
prima della guerra eh? Intanto erano nere… oscurità totale, poi altre bende,
altri spessori… certe partite a moscacieca!
Insomma da un po’ di tempo mi sembra che questa benda lasci intravedere
degli oggetti, delle facce, intuire dei movimenti. Mah, sono un po’
"preoccupatino".
Che si sia allentata? Beh, ma se è solo questo posso stringerla io stesso, è
un gioco facilissimo, magari, magari un po’ pericoloso, basta stare un po’
attenti. Ecco la tiro su qui da di dietro, ancora un momento, così, ecco…
Oh Dio! M’è caduta la benda!
Uhè! Sono senza benda! È la prima volta nella mia vita! Però non si sta poi
neanche tanto male eh?
Coro: È pazzo! È pazzo!
G: No, non sono pazzo. Dico che forse si potrebbe vivere anche senza benda.
Coro: È pazzo furioso!
G: Ma no, anzi vi dirò una cosa: io la benda non me la metto più!
Coro: Bisogna impedirgli di nuocere. Stasera. È per stasera...