martedì 29 aprile 2008


EJA EJA ALEMÁ




Yes we can. I care. Er JFK de’ noantri, il martinlutero king(size), il pupillo di nonna Papera, il gozzo d’anatrone che ha varato il piddì (partito democristo) dopo la parentesi agricola vuliva, sul palombo, e il traghettamento del pds (partito democristiano sinistro) è riuscito anche nel miracolo di consegnare, dopo l’Italia, anche la sua capitale alla destra. Il primate delle primarie, il palazzinaro del Pigneto, il duca dei cinema d’essai, lo scrittore fantasma all’ombra dell’alba (parietti?) è riuscito in un colpo solo a fare ciò che anche le madonne piangenti nel ’48 avevano fallito. Bello ‘sto voto utile, con l’apparentamento all’itaglia dei valori (bollati): roba da rimanere bàsiti. Eppoi, dice, uno si butta al centro… Ho capito che confonde Realacci per la Rosibindi (fratelli gemelli, ma è Rosi che ha le palle) che ha preso Bettini per una mongolfiera, credendolo citazione di un film di Herzog. Questo supponente frequentatore di salotti, più dandini che dandy, più ignorante di uno zoccolo di frate, direttore di giornale senza essere giornalista, laureato honoris clausola, paradigma del venditore di vento, adesso raccoglie la tempesta che ha seminato. Probabilmente non distinguendo un D’Alema da un Alemanno. Me lo immagino, malinconico nel loft, dopo aver girato la penisola in bus, che fa un break, ascoltando jazz, ritirandosi in W.C. E mi fa più pena che schifo, come gli spetterebbe. Pensando ai suoi slogan, della meglio gioventù: se po’ fa’, me frega. Risultato: Alemanno al Campidoglio e Silvio a Palazzo Chigi. Alla sinistra resta lo zoccolo duro: quello delle case del popolo trasformate in balera, prima che diventino ipermercati coop (la dancing left, con tanto di pancera e di dentiera). Obsolieti di essere piddisseri. Intanto mettiamoci una croce (celtica) sopra.

Fabio Norcini